A partire dal 2025, le grandi imprese saranno obbligate a pubblicare una rendicontazione di sostenibilità secondo i criteri “ESG”. Questo è, riassunto in breve, il contenuto della nuova direttiva 2024/2464/Ue, approvata dal Consiglio dei Ministri a seguito della direttiva europea "Corporate sustainability reporting directive" — cd. Csrd. L’Unione Europea negli ultimi anni ha man mano incrementato gli standard a cui le aziende devono aderire per quanto riguarda la sostenibilità sotto ogni suo aspetto - ambientale, sociale e di governance - e reso obbligatorie e più specifiche le rendicontazioni in materia.
Tra le novità introdotte dalla nuova normativa vi è l’estensione della rendicontazione alla supply chain o “catena di valore”, includendo quindi tutti i partners e non solo le singole aziende. Questo implica che le piccole aziende, sino ad ora escluse dagli obblighi di rendicontazione, potrebbero ritrovarsi incluse, facendo parte della catena di quelle più grandi. O ancora, tra le informazioni aggiuntive che saranno contenute nel report, vi sarà l’obbligo di includere gli “impatti rilevanti, effettivi e potenziali" delle attività aziendali sulla propria forza lavoro e sulla supply chain.
Di conseguenza, dall’anno prossimo, anche le aziende che sino ad ora hanno preferito rimanere in silenzio o divulgare poco riguardo i propri obiettivi ambientali avranno l’obbligo di comunicare, in maniera trasparente, dati ed informazioni riguardo le azioni da esse intraprese nell’ambito ESG.
Anche chiamato “silenzio verde”, il “greenhushing” è stato infatti un approccio portato avanti da molte aziende, una pratica scelta dagli imprenditori per eludere il rischio di sanzioni o il confronto con la diffidenza dei consumatori. Di fatto, esiste un divario tra la convinzione delle aziende sull’importanza di comunicare i propri obiettivi climatici e la fiducia che hanno nel farlo. Critiche per mancato raggiungimento degli obiettivi, accuse di greenwashing e di “ambientalismo di facciata”, e mancanza di chiarezza riguardo le normative e relativi cambiamenti sono i principali motivi che portano le aziende a restare nell’ombra. Molte aziende reputano che ci siano numerosi rischi associati ad una maggiore trasparenza in questo ambito, nonostante abbiano fiducia nei propri propositi e nelle proprie azioni. Ciò che è in gioco è la loro reputazione: anche un’omissione o esagerazione involontaria di informazioni potrebbe portare a critiche o, peggio, sanzioni.
Tuttavia, il silenzio può compromettere il rapporto tra le aziende e i propri stakeholder e investitori, i quali spesso sostengono gli obiettivi ambientali delle stesse. Non solo, i consumatori, se attenti alla sostenibilità, possono scegliere alternative che sono apertamente sostenibili. Insomma, non comunicare può essere una scelta che si ritorce contro le aziende stesse, risultando svantaggioso in termini di competitività.
Per uscire da questo circolo vizioso una comunicazione chiara, trasparente, basata su dati concreti dei propri obiettivi, strategie, e risultati è la soluzione per mantenere la fiducia dei consumatori e investitori e rimanere competitivi nel mercato. Non da vedere solo come un obbligo, la nuova normativa è da considerare come un’opportunità per nuove decisioni e comportamenti da parte delle imprese, basandosi su nuove informazioni e un nuovo metodo di comunicazione. Non ci si può improvvisare o appoggiare a consulenti o personale non preparato in comunicazione e strategie… Creare un rapporto di fiducia con la propria agenzia di comunicazione che ha competenze in materia ESG e che conosce a fondo la realtà imprenditoriale è fondamentale affinché ci sia allineamento tra i doveri di legge, le necessità di comunicare e le dovute “precauzioni” dell’imprenditore.
Il compito di un’agenzia come Aglaia è quello di affiancare l’imprenditore e tutto il team ESG per concordare una comunicazione efficace, corretta, prudente e raggiungere gli obiettivi serenamente.