Giovedì, 30 Gennaio 2025 09:44

La "call to action" del PM Spagnolo per una riforma dei social media

In un recente discorso tenuto a Davos in occasione del meeting annuale del World Economic Forum, il Primo Ministro Spagnolo Pedro Sànchez ha criticato l’attuale stato dell’arte dei social media.   

Il PM inizia il discorso dipingendo una situazione critica, quasi distopica, del modo in cui le piattaforme stanno impattando le società, gli individui, e di conseguenza, le democrazie su larga scala. L’intento originario di unione e condivisione libera di fatti e pensieri tra le persone di tutto il mondo è andato sfumando, e la consapevolezza è stata sostituita dall’ansia, le opinioni si sono trasformate in offese, e le condivisioni hanno dato luogo a violazioni. 

Certamente, ogni cosa ha un lato negativo, ma Sànchez accusa gli aspetti dannosi dei social di essersi nascosti negli algoritmi come nel caso del cavallo di Troia, e dal contesto democratico iniziale hanno man mano trasformato la società in peggio. La dilagazione di fake news e disinformazione che possono solo incrementare la polarizzazione della società, una presenza eccessiva e ingiustificata di account falsi (si stima che 1/3 degli account siano bot) che hanno il monopolio su metà del traffico di informazioni online, e la velocità di trasmissione delle informazioni che si basa su video di pochi secondi o caption di qualche decina di parole, che non sono sufficienti per illustrare problemi o situazioni nella loro completezza, soprattutto senza rischiare di omettere dettagli rilevanti e dando solo una versione limitata dei fatti. 

Lo spagnolo prosegue accusando non solo lo strumento, ma anche la mano e il cervello: i tech-billionaires hanno esteso le loro pretese, causando una politicizzazione dei social media per trarre maggiore profitto, estendendo la loro influenza a vari settori strategici dell’economia, e hanno trasformato le loro stesse creazioni - inizialmente pensate per garantire una maggiore libertà - in strumenti che limitano la democrazia. 

Le accuse avanzate dal PM sono piuttosto pesanti. Al contempo, egli propone tre soluzioni principali (riassunte i breve di seguito), affermando la sua fiducia nella possibilità di ristabilire l’intento e la funzione originaria dei social media: 

  1. Associare il profilo online con l’identità reale del possessore, mostrando un documento d’identità valido e riconosciuto, eliminando quindi l’anonimato
  2. Far rispettare in maniera concreta il Digital Services Act europeo, prevedendo sanzioni per i trasgressori delle regole ivi contenute, e capire come funzionino effettivamente gli algoritmi
  3. Addossare la responsabilità delle violazioni o mancata applicazione di norme e leggi delle piattaforme agli amministratori delegati delle stesse.

Sembra quasi che Sanchez dichiari guerra aperta ai tycoon del social media, spronando la popolazione a lottare per fermare questa tendenza per trasformare nuovamente le piattaforme in spazi sicuri, e usando un’espressione molto familiare incita a “make social media great again”. Quelle avanzate sono solo proposte, e anch’esse vanno soppressate per valutare fino a che punto esse si scontrino con la libertà personale e simili. Insomma, quando si tratta di social media si rimanda spesso all’etica, i cui confini sono sempre molto vaghi.

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a cura di Martina Mauri - Junior PR & Account

 

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In a recent speech at Davos, during the annual meeting of the World Economic Forum, Spanish Prime Minister Pedro Sánchez criticized the current state of social media.

The PM began his speech by painting a critical, almost dystopian picture of how these platforms are impacting societies, individuals, and, consequently, democracies on a large scale. The original intent of uniting people and allowing the free exchange of facts and thoughts across the world has faded. Awareness has been replaced by anxiety, opinions have turned into insults, and sharing has led to violations.

Everything has a downside, but Sánchez accuses the harmful aspects of social media of being hidden within algorithms—like a Trojan horse—gradually transforming society for the worse from its original democratic context. The rampant spread of fake news and misinformation only fuels societal polarization. The excessive and unjustified presence of fake accounts (it is estimated that one-third of accounts are bots) monopolizes half of the online information traffic. Additionally, the speed at which information spreads, often through videos that are just a few seconds long or captions of a few dozen words, is insufficient to fully illustrate issues or situations. This brevity risks omitting crucial details and presenting only a limited version of the facts.

The Spanish leader goes on to criticize not only the tool itself but also the hands and minds behind it: the "tech billionaires" who have extended their influence, politicizing social media for greater profit, expanding their control into various strategic sectors of the economy, and transforming their own creations—initially designed to promote greater freedom—into instruments that restrict democracy.

Sánchez's accusations are quite severe. At the same time, he proposes three main solutions (summarized briefly below), affirming his belief in the possibility of restoring social media’s original purpose and function, by:

  1. Linking online profiles to their real owners by requiring a valid and recognized identification document, thereby eliminating anonymity.
  2. Effectively enforcing the European Digital Services Act, imposing penalties on those who violate its rules, and gaining a clearer understanding of how algorithms actually work.
  3. Holding platform CEOs personally accountable for violations happening on their platforms or the failure to enforce rules and laws.

It almost seems as if Sánchez is declaring open war on social media tycoons, urging people to fight against this trend and turn these platforms back into safe spaces. Using a very familiar expression, he calls for action to "make social media great again." However, these are just proposals, and they too need to be weighed against personal freedoms and similar considerations. Ultimately, when it comes to social media, it often comes down to ethics, whose boundaries remain ever ambiguous.

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written by Martina Mauri - Junior PR & Account